Dal campo profughi siriano ai teatri di tutto il mondo!
Dance4Life
Ahmad Joudeh in scena a Milano
28 novembre 2018 - Milano - Teatro Carcano, ore 20.45 BIGLIETTI ON LINE oppure presso il teatro
Evento teatrale finalizzato alla raccolta fondi per "SOS Villaggi dei Bambini" a supporto dei bambini siriani. Ahmad Joudeh è un ballerino cresciuto in un campo profughi in Siria e il suo motto è oggi ben noto al mondo: “danza o muori” perchè i terroristi hanno minacciato di decapitarlo perché era un ballerino e insegnava la danza ai bambini. Ma questo non l'ha mai fermato. Anzi, continua ancora a sostenere gli abitanti più deboli della sua terra: i bambini.
In questo evento speciale con lui in scena anche il cantante Mirkoeilcane (Premio della Critica Mia Martini a Sanremo 2018) ed il cantautore siriano Remi Hilal.
Ha subito le vessazioni del padre, le bombe della guerra in Siria e l'odio dell'Isis ma... non ha mai rinunciato a ballare!
Il pubblico italiano lo ha scoperto grazie al programma televisivo "ROBERTO BOLLE Danza con me" di cui lui è stato Ospite il 1 gennaio 2018 in Prima Serata su Rai1.
Oggi AHMAD, grazie al suo impegno e alla sua grande determinazione, studia e danza al Dutch National Opera & Ballet di Amsterdam, e continua, seppur da lontano, a sostenere la sua terra.
- Articolo di di ANNA BANDETTINI per Repubblica
Gennaio 2018 - A decidere il destino di Ahmad è stata la forza del suo sogno, la determinazione, l'ostinazione a non mollare nemmeno davanti alle botte del padre prima, e poi alle bombe della guerra in Siria, alle minacce dei terroristi dell'Isis, alla distruzione di casa sua e del teatro a Damasco.
Sì, perchè non tutte le storie di rifugiati siriani sono spietate e fanno rabbrividire e quella di Ahmad Joudeh, 27 anni, ballerino, fatta di dolore e felicità, dramma e gioia, guerra e pace, sogni e realtà è andata bene.
Oggi, ad Amsterdam dove studia e danza dall'estate 2016, grazie a una catena di solidarietà, Ahmad è finalmente raggiante, felice.
“E' il potere salvifico dell'arte, della danza che diventa una speranza.
Qui ha portato una luce nella vita di Ahmad e lo ha salvato. Piccole gocce in un mare di dolore, ma che sono un segnale importante” commenta con un po' di emozione Roberto Bolle, entrato senza saperlo in questa storia che ora, però, ha preso a cuore e racconta, diffonde, sostiene.
Roberto Bolle ricorda:
“A novembre ero al Dutch National Ballet e mi dicono che c'è un ragazzo siriano che mi vuole conoscere. Ci incontriamo, era Ahmad: tremava, piangeva era emozionato. Poi mi ha svelato tutto ed è stato commovente per me”.
Ricorda Ahmad: “È vero perchè Bolle era il mio idolo e nelle sue coreografie che studiavo dai video, ho trovato la ragione, la forza per andare avanti a fare il danzatore in un mondo come quello arabo dove danzare è considerata una sciagura. La cultura islamica proibisce la danza, per gli uomini poi, è considerata poco mascolina. Perciò sono diventato bersaglio dell'odio dell'Isis”.
Sono ricordi incredibili quelli di Ahmad.
“Sono un siriano palestinese cresciuto nel campo profughi di Yarmouk, a Damasco. A danzare cominciai presto, era il mio sogno, ma lo facevo di nascosto, perchè tutta la mia famiglia era contro. Studiavo sul tetto di casa. Una volta che mio padre mi scoprì presi tante di quelle bastonate. Ma io andavo avanti. Nessuno poteva fermare il mio sogno. Sempre di nascosto facevo gli allenamenti all'Enana Dance Theatre, mi sono diplomato all'Higher Institute for Dramatic Arts, a Damasco e dall'età di 17 anni davo lezione ai bambini. Poi nel 2011 la guerra”.
La casa di Ahmad viene bombardata quasi subito, muoiono cinque membri della sua famiglia, lui trova ricovero in una tenda nel tetto della casa di amici.
Si allenava lì, sentendo le bombe nemmeno troppo lontane.
Nel 2014, partecipa anche alla versione araba del talent "So you think you can dance".
“Ma nel frattempo ero ricercato dall'Isis, perchè non solo danzavo ma insegnavo ai bambini a farlo. Inaccettabile. Per reazione mi sono tatuato la scritta “Dance or die” sul collo, dietro la nuca dove i loro boia infilano la lama del coltello per tagliare la testa, così lo avrebbero saputo anche loro: non ci sono altre strade per me, se non la danza.
E insegnarla ai bambini orfani che hanno perso i genitori in guerra era un modo per salvarli. Per questo ho anche voluto danzare nel teatro di Palmyra dove l'Isis ha ammazzato centinaia di persone”.
Proprio da lì il giornalista olandese, Roozbeh Kaboly, ha conosciuto la storia di Ahmad e ne ha fatto un documentario. Il film va in onda nella tv olandese, e il resto è un sogno che si avvera.
“Il Dutch National Ballet mi ha invitato a studiare e sono potuto partire”. Il direttore, Ted Brandsen , ha anche aperto una campagna di raccolta fondi “Dance for Peace” che ha permesso il soggiorno e il mantenimento agli studi per Ahmad e in futuro, se arriveranno altre donazioni, speriamo anche per altri danzatori siriani.
Ahmad ha iniziato i quattro anni di training come studente a settembre e lo scorso dicembre ha anche debuttato come comparsa col Dutch National Ballet in Coppélia, cui poi è seguito l'attesissimo incontro con Bolle.
“Bellissimo. Non stavo più nella pelle. Bolle è sempre stato il mio idolo.
Da bambino studiavo i suoi balletti di nascosto guardando i video sull'iPad, cercavo di rifare i suoi movimenti, di danzare come lui” dice Ahmad.
E Bolle racconta: “Ahmad mi ha confessato che non dormiva da due giorni, perchè in me vedeva il suo sogno realizzato. Sono orgoglioso di questo perchè che un ragazzo come me possa aver vissuto, a poca distanza da me, esperienze così dolorose e drammatiche, mi colpisce”.
Con l'Unicef Bolle è stato tante volte in Sud Sudan, nella Repubblica Centro africana a portare aiuti, “ma è un'altra realtà, di povertà, sofferenza, ma non di distruzione, ferocia come in Siria. Che la vita di Ahmad sia cambiata fa bene anche a me, a noi tutti , perchè vuol dire che chi ha un sogno ha vantaggi uguali ai nostri”.
La storia di Ahmad è stata raccontata dal giornalista olandese, Roozbeh Kaboly, che si è recato a Damasco per documentare la vita di Ahmad e della sua famiglia. Ne è venuto fuori il film documentario "Dance or Die" trasmesso in Olanda nel 2016.