"La danzatrice del tempio"
Coreografia è di Marius Petipa.
Musica è di Ludwig Minkus.
Balletto in 4 atti e 7 scene.
Llibretto di Serghei Khudekov.
La prima rappresentazione avvenne a San Pietroburgo, Russia, presso il Teatro Bolshoi Kamenny il 23 gennaio 1877.
La scena del balletto "Il regno delle ombre" è uno dei pezzi più celebrati del balletto classico e spesso è rappresentato come pezzo a sé stante.
La Bayadère è stata allestita e rivisitata molte volte nella sua lunga storia.
Oltre allo stesso Petipa nel (1900),
da Alexander Gorsky e Vasily Tikhomirov (1904),
Agrippina Vaganova (1932),
Vakhtang Chabukiani e Vladimir Ponomarëv (1941),
Rudolf Nureyev (solo Il regno delle ombre nel 1963),
Natalia Makarova (solo il Il regno delle ombre nel '74 e tutto il balletto nel '80),
Rudolf Nureyev (tutto il balletto e fu la sua ultima coreografia) (1992)
e Sergei Vikharev (ricostruzione dell'ultimo revival di Petipa).
La BAYDERE
al Teatro alla Scala
con Svetlana Zakharova e Roberto Bolle
Video balletto completo
Questo balletto fu uno dei primi trionfi di Petipa a San Pietroburgo.
La trama tratta esotismo, amori traditi, romanticismo e soprannaturale.
Nel I atto conosciamo il guerriero Solor, innamorato della baiadera Nikiya a sua volta amata dal Bramino. Nikiya costringe Solor ad un giuramento d'amore eterno.
A Solor viene offerta la mano di Gamzatti, la figlia del Rajah, ed egli accetta dimenticandosi la promessa fatta a Nikiya.
Durante i festeggiamenti per il fidanzamento, Gamzatti dice a Nikiya il nome del suo fidanzato e lei si oppone inutilmente a questo fidanzamento.
Una schiava, Aya, propone a Gamzatti di uccidere Nikiya.
Nel II atto vi è la danza delle baiadere alla quale partecipa anche Nikiya.
Aya dà a Nikiya un cesto di fiori nel quale è nascosto un serpente velenoso che la morde.
Il bramino le propone di salvarla, a patto che lei accetti di sposarlo.
Nikyia rifiuta e danza fino a quando muore.
Nel III atto, Solor per dimenticare il dolore della morte di Nikiya, fuma un particolare veleno, si addormenta e si ritrova nel regno delle ombre e tra esse ritrova anche l'amata Nikiya alla quale giurerà fedeltà eterna.
Nel IV atto durante le nozze tra Solor e Gamzatti, il tempio crolla seppellendoli sotto le macerie.
La Bayadere, Bolshoi Theater
Video balletto completo
Svetlana Zacharova
e il sogno orientalista
Articolo di Davide Vespier
19 ottobre 2011, Roma
Al teatro dell’Opera di Roma arriva un nuovo titolo di repertorio che non poteva mancare nelle corde di un corpo di ballo che si rispetti. Bayadère, il balletto se vogliamo irrisolto, che lascia un che di incompiuto, di insensato nella bocca dello spettatore, ma che pure offre dei momenti coreografici di straordinaria purezza. Inoltre, suggestivo per l’ambientazione da mille e una notte e per le forti passioni che si delineano pur sullo sfondo di un quadro psicologico dei personaggi appena abbozzato.
È tradizionalmente un balletto lungo, che però nella versione di Rfael Avknjan è stato alleggerito, reso più lineare, pur non perdendo nulla della sua consistenza (né della sua durata).
Un primo atto per lo più pantomimico, sorprendente per quell’apertura orientalista densa di mistero e di aspettativa; un secondo atto interessante per un gran pas de deux completo, con tanto di assoli e coda con fuettes, con in più il cameo virtuosistico dell’idolo d’oro che vale già da solo i fronzoli mimici sorbiti fino a qui; un terzo atto di tutto rispetto (se il corpo di ballo lo permette) oltre perché lirico nell’ambientazione da regno delle ombre, perché finalmente la valvola coreografica si è completamente aperta per far fuoriuscire adagi ed allegri, assoli e pas dedux della più squisita tradizione del balletto sinfonico.
È senz’altro questa, infatti, la definizione da dare ai balletti petipatiani, e in maggior misura ai più antichi, di composizione coreografica in cui la narrazione è affidata alla pantomima, che spesso fa da preambolo, anche molto lungo, mentre la suggestione di una dimensione onirica o fiabesca è affidata alla pura danza, come se il luogo in cui l’anima possa esprimersi danzando sia esclusivamente quello dell’irrealtà.
Non solo un “non luogo”, ma pure un “non tempo” perché quello che si dispiega nell’arco di una lunga esibizione non è che l’incanto di un attimo in cui ti si dice: “ecco, ora sogna!”.
Giustificate, così, tutta una serie di perfomances, con nugolo di solisti usciti dal nulla, come angeli da dietro una nuvola, perché in quella nuova dimensione l’attività più naturale, come respirare, è la danza.
Sembra riecheggiare Basilio di Cesarea, il padre della chiesa più citato dagli storici del balletto perché definiva "la danza l’attività propria degli angeli davanti alla Gloria di Dio". E Petipa lo prende in parola quando attribuisce alle sue sequenze di “tutto danza” degli “a parte” del balletto dove trionfa l’incanto del movimento libero dalle costrizioni del corpo.
Il solo antecedente di Balanchine e dei suoi concerti danzati, che hanno tutta la bellezza del classicismo di tradizione in uno stile più arioso, in una tecnica più dinamica.
Tornando alla nostra Bayadère, è fino al terzo atto che dobbiamo aspettare per ammirare qualcosa della stella ospite Svetlana Zakharova. Prima non si delinea granché di lei, se non qualche degagè infinito, di quelli ai quali ci ha abituato.
Dopo la morte causata dal morso dell’aspide, per la gelosia della rivale Gamzatti (Olga Esina), la bella Nikija risorge sulla scena nei panni di un’ombra che si ricongiunge in sogno, anche solo per qualche momento, con il suo amato Solor (Alexander Volchkov).
Dal fondo oscuro la Zakharova emerge in lontananza bianca e sottile, “animula vagula blandula”, come mossa da appena un soffio vitale.
Oltre a questo, le sue linee son fin troppo disarticolate, da perdere di consistenza così che il suo corpo sembra sfuggire da ogni parte. Le acrobazie dei suoi arti, dopo lo stupore del primo momento, divengono monotone rendendola più adatta agli allegri, per l’innegabile agilità e velocità, ma non all’adagio dove risulta indispensabile solidità ed equilibrio. Non era pertanto pulitissima, sebbene sia molto cresciuta rispetto all’inizio della sua carriera.
Non siamo dei grandi ammiratori della bella ucraina, sebbene possegga alcune innegabili doti, ma la pensavano diversamente i tanti giovani che gremivano il teatro la sera della prima gridando entusiasti ad ogni sua apparizione, soprattutto nelle esecuzioni finali.
Solor, era elegante nel movimento e completo nella tecnica, anche se come personaggio resta incompiuto.
Infine, l’idolo d’oro di Alessio Rezza resta tra i momenti più apprezzati, in cui fisicità e musicalità hanno trovato forma in un unico grande connubio.